Coro di Usini - dal 1974
Menu principale:
PRESENTAZIONE (Prof. Salvatore Patatu)
"Dove senti cantare, avvicinati e sosta tranquillo! Non è mai
cattiva la gente che canta", dice un vecchio e saggio proverbio.
La nostra regione è ricca di formazioni e cori presenti quasi in tutti i paesi. Essi assumono a volte solo contorni, ma più spesso caratteristiche strutturali completamente differenti, che consentono di identificarli con una certa facilità. In questo panorama variegato si colloca il Coro di Usini, il cui universo poetico e musicale, complesso e articolato, è connaturato alla terra che ha generato ed allevato i suoi cantori. La voce umana, infatti, si conforma all'ambiente in cui il canto viene prodotto. Canto popolare libero, viene chiamato dai musicologi, cioè non mutuato, in quanto trae origine dalla sua terra e aderisce a una necessità di funzione, che rivela l'anima e il temperamento di un popolo. Questo è il Coro di Usini, che fra i tanti è, forse, il più riconoscibile, grazie alle sue composizioni originali di straordinario successo, alle sue armonizzazioni dolci e penetranti e alle voci caratteristiche e inconfondibili dei suoi numerosi solisti.
Il Coro prende il nome dal paese in cui è nato e in cui abitano tutti i suoi coristi. In questa scelta, nell'azione incisiva che opera nel tessuto sociale in cui insiste (partecipazione a tutte le manifestazioni tradizionali del paese, ricupero di antiche usanze, di vecchi motivi, ricupero delle funzioni della settimana santa, ajò a ippuntare, rassegna annuale di canti ecc.) troviamo un desiderio di ritorno alle proprie radici, di ricerca della propria identità culturale, dei tratti peculiari e identificativi di un popolo. Da questa ricerca di identità partono lo studio e la storia del Coro di Usini, attraverso il canto, che accomuna le genti e fortifica gli animi; che conduce a una volontà precisa, mille volontà imprecise.
La perfetta fusione delle voci, la calda armonia, il canto sono la risultante di tutto questo e Dio solo sa quanto, oggi, abbiamo bisogno di unità di intenti e di solidali partecipazioni. Il riunirsi, infatti, spinti dalla passione per il canto, dall'amore per la ricerca, dal desiderio di comunicazione, favoriscono l’unione, la socializzazione, la fratellanza, l'amicizia, la mutua assistenza, la solidarietà. Tutti elementi di coesione che ci aiutano ad essere più disponibili, ci educano alla sensibilità, ci abituano al confronto, a diventare più buoni e più progrediti sul cammino arduo ed impervio dell'avventura umana. Metodo di vita unico e insostituibile per combattere i fenomeni devianti di cui, purtroppo, spesso, sono vittime i nostri giovani.
Ogni azione del Coro di Usini nasce per una particolare esigenza, per quelle intese umane che non si possono esprimere a parole. Per quell’impellente bisogno di comunicare sensazioni, di esprimere sentimenti, di esternare stati d’animo, che, altrimenti, rimarrebbero prigionieri nel profondo dell’anima di questi cantori e del loro direttore. Non c’è differenza tra loro e il pastore sardo, che si abbandona alla liberazione istintiva del canto, nell’orchestra sinfonica naturale, in quella straordinaria realtà, che Gavino Gabriel chiamava “Mimetismo Fonetico”.
Cantare, dunque, per dare un senso alla vita, all’amicizia, ai rapporti umani, su cui si basa la vita dei nostri piccoli centri.
Ne consegue che il canto, in Sardegna, non è una forma di folclore, ma una sentita esigenza umana, che nasce da un arcaico costume di vita e dà un senso alla vita stessa. Un costume che affonda le sue radici nel mondo nuragico e prenuragico, quando il canto e il ballo erano considerati momenti di sacralità, vissuti in sintonia col massimo Sovrano, con l’Onnipotente. Il modo migliore e più sentito, con cui l’uomo, essere immanente, poteva entrare in comunicazione totale e sentita col trascendente, il quale non era un essere temuto e spaventevole, ma un essere da rispettare e onorare, chiedendogli buoni raccolti e buoni frutti o ringraziandolo, con manifestazioni gradevoli e sentite, se li aveva concessi. Un rapporto quasi amichevole, che escludeva qualsiasi forma di sacrificio, animale e tanto meno umano, come avveniva, invece, in Grecia e, successivamente, avverrà coi Fenici e i Punici.